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Lavori creativi? “AAA Apprendista tecnico della lavatrice offresi”

In preda a un raptus da casalinga disperata avevo riempito un cesto con una catasta di panni da lavare degno dell’Everest. Niente paura, detersione semplice e immediata grazie alla mia amica lavatrice.
Fissavo gli indumenti girare vorticosamente nel cestello di questo splendido marchingegno in nostro possesso grazie a Alva Fischer, geniale americana che all’inizio del ’900 fece il regalo più gradito alle donne di mezzo mondo.
Ma l’idillio è stato presto interrotto. Da un ruggito improvviso, come se nella lavatrice fossero rimasti intrappolati Simba, Timon e Pumbaaa.
In preda al panico, capisco subito che anche lei, mia cara vecchia amica fidata, mi stava abbandonando. Immaginandola prossima a esalare l’ultimo respiro, chiamo il tecnico, lo specialista, l’uomo con la tuta blu capace di rianimarla.
Nei sogni proibiti di ogni donna sotto quella famosa tuta blu ardono le membra del Johnny Depp de noantri, mi imbatto nel cugino italiano di Danny De Vito.
Tralasciando i sogni infranti, mi concentro sulle possibilità di mantenere in vita la lavatrice ormai esanime. Il (poco) prestante tecnico inizia ad armeggiare con chiavi inglesi e matasse di stoppa, intravede un paio di foglietti acchiappacolore stritolati e con nonchalance sputa l’ardua sentenza: “Per farla rinsavire devo portarla in laboratorio”. Grondante di sudore misto a sgomento, temendo la prematura dipartita, accetto il trasporto per le cure necessarie.
Poi arriva il peggio. Il tecnico con sorprendente disinvoltura mi dice: “Sono 30 euro per la chiamata e 150 per il pezzo”. Mi tremano le gambe, mi si annebbia la vista, immagino la mia adorata lavatrice trasportata con l’elisoccorso in una lussuosa clinica privata. Quella cifra sarebbe giustificabile solo per un trattamento del genere, penso.
Strabuzzo gli occhi, pago la “chiamata” (manco avessi contattato un gigolò) e rimando la polemica, ma anche il pagamento dei 150 euro al momento in cui il primario dell’elettrodomestico, nel suo laboratorio, avrebbe fatto una diagnosi precisa.
Chiusa la porta, mi infliggo un “cogliona” dal profondo del cuore.
Cogliona, tu che saltelli di stage in stage, accettando come ricompensa un pass che ti dà accesso a frittate con resti di verdure del pranzo del giorno prima in mensa o misere mozzarelle imbustate in scadenza.
Cogliona, tu che picchietti per ore le tue candide manine su un pc fino a cancellare le lettere dai tasti per inseguire la tua passione.
Poi un lampo di genio, scatto in piedi, prendo un block notes, esco. Giro tutte le stazioni metropolitane, i luoghi pubblici e li tempesto di fogliettini: “AAA apprendista tecnico della lavatrice offresi”.
“Questa decisione sarà la svolta della mia vita”, recito tra me e me. “Solo così potrò rispondere a chi mi chiederà «che lavoro fai?». Con estrema supponenza: «salvo la vita a marchingegni indispensabili per la tranquillità quotidiana delle famiglie».
Chi non sarebbe disposto a sborsare qualsiasi cifra pur di mantenere in vita un aggeggio così essenziale? Questo è un lavoro che merita la giusta ricompensa, non come quegli scribacchini, quegli squinternati che credono di poter mantenere una famiglia riempiendo fogli di inchiostro o comunicando concetti astrusi.
Fiera di aver trovato la mia strada, torno a casa e mi metto a letto sognando lavatrici aerospaziali ruotarmi intorno. Mi sveglio soddisfatta ma madida di sudore. Allungo la mano sul comodino, come un’automa prendo un fazzoletto un po’ ruvido e mi asciugo il viso. In quel momento mi sono resa conto dell’effettiva utilità della mia pergamena di laurea.
P.S. La laurea è salva, per ora (anche il suouso improprio era parte del sogno), il biglietto però l’ho affisso davvero, correvano dieci giorni fa. Nessuna chiamata. Ma non dispero. Non hanno detto che bisogna inventarsi un lavoro ed essere creativi?

GABRIELLA CANTAFIO

Dopo l’impegno (bello) di ieri con Primo maggio, io lo dedico a 7 operai bruciati vivi e dimenticati, 5 mesi fa. E voi? #PrimoMaggioPerTutti, direi che questo è il contraltare perfetto, ironico ma non solo, parecchio concreto anzi.
Grazie Gabriella, come sempre, anche per la prontezza di riflessi e l’affetto dopo il pit stop del blog causa mal di stomaco. Tra l’altro con questo post continua un ciclo particolare, senza risciacquo causa intoppi anche in quel caso, iniziato dall’altro amico Roberto Martucci con La morte della lavatrice e la scoperta del sesso (con gli elettrodomestici).
In tema di lavori creativi, inventarsi un lavoro e altri slogan, facili da dire ma parecchio difficili da praticare, il bigliettino “AAA Apprendista tecnico della lavatrice offresi” rende bene l’idea. I lavori di solito non si inventano, di solito si imparano e fare l’apprendista stregone di un mestiere o di una professione nuova passati gli -enta o gli -anta, come me, è una strada poco praticabile. Spieghiamolo a chi inventa questi slogan o li proclama da un palco.
L’altro tema lo riassumo con una domanda, a cui non so dare una risposta ragionevole, da picchiatore sui tasti che direbbe sì d’istinto. Escludendo altri usi impropri del “pezzetto di carta” (davvero troppo ruvido nel caso):

«Voi consigliereste, visti i tempi e il probabile futuro, ai vostri figli di laurearsi (magari pure in una disciplina umanistica)? »


Risposte, commenti, vissuto personale come sempre graditissimi (con mia partecipazione attiva, promesso), come al solito nei commenti qui sotto al post, sul mio Facebook, sul mio account Twitter DiariodiAdamo e sulla mia email mgamba@condenast.it.


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